Passione Psicologia

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Essere Immagine di Silvia Contorno. Immagini “da leggere” e FotoTerapia

Foto di Silvia contorno - ESSERE IMMAGINE

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C’è un sito che merita di essere scoperto ed esplorato in tutti i suoi contenuti.  Un sito che affascina per la capacità di fondere diversi linguaggi e che ci accompagna alla scoperta del racconto delle immagini: dall’arte figurativa alla fotografia fino ad arrivare alla contemporaneità dei social media.

Il sito è “Essere Immagine” e Silvia Contorno è la sua ideatrice.

Silvia lavora con metodo, tesse con leggerezza le fila delle differenti forme di comunicazione e unisce le sue competenze di esperta di media con una sua antica passione: la psicologia. Tutto questo non poteva che portarla all’approdo della FotoTerapia. Oggi, insieme a Silvia, scopriamo qualcosa di più su “Essere Immagine” e sulla FotoTerapia.

Questo spazio si chiama Passione Psicologia e quindi non posso che iniziare dalla domanda che pongo a tutti gli ospiti: come è nata la tua passione per la psicologia e quanto conta la passione nella tua attività quotidiana? 

Innanzitutto vorrei ringraziarti per questa bellissima opportunità e ribadire la mia stima per il tuo lavoro e per il progetto di Passione Psicologia che hai creato. La mia passione per la Psicologia si è delineata nell’adolescenza, quando ho iniziato a scoprire Freud e a studiarla come disciplina a scuola. Ma anche la Filosofia, intesa come interesse verso l’uomo, ha sicuramente contribuito ad alimentare questa mia passione.  Credo però che la Psicologa, in qualche modo, abbia sempre fatto parte di me, del mio modo di essere. Se ripenso infatti al mio percorso di crescita e a come vivevo i rapporti con gli altri sin dai tempi delle scuole elementari, posso affermare con certezza che la Psicologia, ovviamente in senso lato, era già parte di me. L’interesse e l’apertura all’Altro sono, del resto, delle caratteristiche che il bambino possiede. 

L’imprintig educativo ci segna, nel bene e nel male, e questo vale anche per le letture che facciamo quando siamo molto giovani. Esse ci forgiano, così come l’artigiano dà forma al metallo ardente. E ardente è rimasto il mio interesse verso determinati temi. La passione è ciò che rende la vita tale, altrimenti stiamo sopravvivendo e non “vivendo”. Nello specifico, la mia passione per la Psicologia è un po’ la base che mi porta a leggere gli eventi – dal più banale al supermercato, a quello di valenza magari mondiale – con occhi diversi: più consapevoli e meno giudicanti.

Foto di Silvia contorno - ESSERE IMMAGINE

Tu possiedi già delle competenze nell’ambito della comunicazione e nell'espressione artistica, come intendi coniugare queste competenze con la psicologia?

Interessante domanda questa, perché non è così scontato riuscire a trovare un fil rouge che unisca con coerenza le tante sfaccettature dei vari interessi che una persona può avere. Io personalmente ricordo di essermi seduta alla scrivania e di aver scritto su carta ciò che realmente mi appassiona, facendo mente locale soprattutto sul mio percorso di studi universitario, estremamente poliedrico. Poi il resto è venuto da sé: è bastato infatti pensare a quanto tempo passiamo sui social e in che modo li usiamo. Aggiungiamo poi il fatto di avere una bella Reflex tutta per me, e il gioco è fatto! Unendo i vari puntini, tre erano le parole chiave: Psicologia, Social media e Fotografia.

Ho così aperto una nuova pagina Instagram (ormai passa tutto per di là!) e ho cercato di sensibilizzare il mio pubblico su quanto una fotografia possa parlarci e raccontarci molto più di quanto pensiamo, sia su di noi, sia sulle nostre dinamiche familiari (per quanto riguarda le foto di famiglia). Credo fermamente che una “educazione ai media”, il capire come usarli e come gestirli, sia oggigiorno fondamentale, per adulti e non. Un paio di domande che sempre dovremmo porci prima di condividere sui social una foto è: “Perché lo sto facendo?” e “Perché ho fatto proprio questa foto?”. Soggetti e modalità di scatto hanno anche loro un significato importante.

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Ci puoi raccontare qualcosa sulla nascita della FotoTerapia?

Molto volentieri! La FotoTerapia (è importante per me, dopo averla studiata, scriverla in questo modo) nasce in ambito canadese per opera di Judy Weiser, psicologa e arte-terapeuta. Nel 1975 uscì infatti un suo articolo che conteneva per la prima volta il termine FotoTerapia

Il primo ad applicare la fotografia alla salute mentale fu però Hugh Diamond (1856), fotografo amatore e psichiatra nel manicomio del Surrey. Egli fotografò i pazienti del manicomio, utilizzando la loro immagine come mezzo diagnostico e per l’identificazione dei diversi tipi di malattia mentale. Scoprì così che le foto avevano un effetto terapeutico positivo quando venivano mostrate ai pazienti, i quali diventavano più consapevoli della loro identità fisica e prestavano maggiore attenzione alla propria apparenza. Questo accadeva poiché la loro autostima era rafforzata ogni volta che vedevano una fotografia in cui stavano bene. Diamond, inoltre, usò le fotografie per documentare i diversi casi di patologia mentale e presentò il suo lavoro alla società reale di medicina a Londra nel 1856.

La FotoTerapia propriamente detta, consiste infatti nell’uso di fotografie e immagini all’interno del setting terapeutico ed è da considerarsi una “disciplina” fluida e malleabile, aperta all’improvvisazione derivante dall’incontro con le persone e con la loro specifica complessità. Gli ambiti in cui utilizzarla sono però svariati: oltre alla psicoterapia, infatti, la FotoTerapia si presta molto bene ad essere sfruttata con gli anziani, in tutti quei contesti che prevedono un livello di formazione didattico, professionale (quindi anche nelle aziende) e all’interno di cooperative sociali – che lavorano a stretto contatto con situazioni di disagio. In tutti questi casi, in cui ci si trova al di fuori del rapporto paziente-terapeuta, si parla di “Fotografia terapeutica”. 

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Quali sono i presupposti di base di questo approccio?

Sicuramente il fatto di considerarlo un valido strumento di analisi all’interno del processo di conoscenza e di esplorazione di sé. Questo in considerazione della valenza comunicativa più veritiera del “non verbale”, al fine di favorire la narrazione della propria storia, superando i limiti e le difese che applichiamo, più o meno consciamente, sui nostri resoconti verbali.

Come si applica la FotoTerapia e quali sono i principali benefici?

Come dicevo poc’anzi, la FotoTerapia può essere applicata sia nella relazione tra terapeuta e paziente (dove nasce), sia al di fuori di essa. Si tratta sempre e comunque di andare ad analizzare, a leggere, delle fotografie. Qua sta la difficoltà e permettimi di dire, anche la “pericolosità” del processo. Leggere una fotografia per noi particolarmente significativa, infatti, può suscitare o risvegliare stati d’animo che, se non ben gestiti, possono nuocere profondamente alla nostra stabilità emotiva. Oppure, ancora prima di arrivare a tale punto, semplicemente l’analisi non sortisce alcun effetto poiché colui che dovrebbe guidarla non ha gli strumenti necessari per condurla. Sebbene la FotoTerapia al di fuori del setting terapeutico non sia sconsigliata dalla Weiser, non è nemmeno corretto approcciarvisi da “improvvisati”. È infatti necessario saper porre le domande giuste a colui che si sta sottoponendo alla seduta o capire se è il caso di non fare domande, ma più semplicemente di proporre delle riflessioni, in modo tale che la storia della persona venga fuori senza forzature. Il terapeuta, o chi per esso, dovrà costruire la strada da seguire insieme al paziente.

È certamente un lavoro comune, ma supervisionato dalla parte esperta. Se ben eseguita la FotoTerapia può aiutarci ad essere più consapevoli della nostra storia, delle dinamiche interne alla famiglia di origine, o ancora può essere un utile strumento per affrontare un trauma o una violenza subita. Alla fine del percorso avremo conosciuto meglio noi stessi, avremo fatto pace con determinati turbamenti che forse non eravamo nemmeno consapevoli di avere e ciò porta ad un maggiore rispetto verso noi stessi e verso il prossimo.

Foto di Silvia contorno - ESSERE IMMAGINE

Tu conduci anche una campagna per l’inserimento stabile della figura dello psicologo nelle scuole. Ci puoi dare qualche informazione in più su questa campagna?

Ti ringrazio per la domanda perché è un tema che mi sta molto a cuore e che ritengo sia estremamente importante. Devo però fare una precisazione: io mi batto per l’inserimento della Psicologia come disciplina all’interno delle scuole. Il che significa che nei licei, negli istituti professionali, nelle scuole serali, alle scuole elementari, ovunque, sogno un’ora a settimana dedicata alla riflessione intorno all’emotività e alla psiche. Proprio come si studia la matematica. Questo, a mio parere, gioverebbe alla crescita del ragazzo, adulto di domani.

Spesso la sofferenza di un giovane studente è un insieme confuso di emotività grezza, non indagata, non compresa in primis da colui che la prova e che agirà di conseguenza, per far fronte a questo disagio. Immaginiamo ora che lo studente in questione decida di andare dallo psicologo della scuola (se c’è!): dovrebbe prima chiedere il consenso scritto dei genitori. Allora lo esclude, perché sta male, si vergogna, non vuole dare spiegazioni o suscitare preoccupazioni. La cosa più immediata da fare, quando parlare ad un adulto competente si rivela tanto difficile, è quella di sfogare la propria frustrazione sul prossimo, su un compagno di classe magari, o, ancora meglio, sui social, dove non deve nemmeno metterci la faccia.

Ora, se nelle scuole venisse introdotta anche solo un’ora a settimana di “educazione ai sentimenti”, i ragazzi saprebbero gestire meglio le proprie emozioni e non ne sarebbero delle vittime. Essere più consapevoli della nostra interiorità può portare ad una diminuzione degli atti di bullismo e di Cyberbullismo. Con il mio lavoro di sensibilizzazione miro a creare adulti e ragazzi consapevoli, per mezzo di una educazione alle emozioni e – e la cosa va di pari passo – ai social. La parola chiave è consapevolezza.


Nel ringraziare Silvia Contorno per la sua disponibilità vi ricordo che ”Essere Immagine” è anche uno stimolante profilo Instagram. Da seguire!


Dott. Alessandro Mazzoli - Psicologo a Vigevano

Studio di Psicologia - Consulenza, sostegno e supporto psicologico - Appuntamenti in studio e on-line - Psicologia del cambiamento